Mirafiori, altri sei mesi di contratti solidarietà I sindacati in allarme
Basso, Uilm: “Ora l’ad mantenga le promesse” Suv Levante, “cassa” influenzata dalle tasse cinesi
Altri sei mesi di contratti di solidarietà alle Carrozzerie di Mirafiori. Li comunica Fca ai sindacati suscitando non poche preoccupazioni. Non tanto per l’immediato quanto per la prospettiva: «È arrivato il momento che le enunciazioni dell’amministratore delegato mettano gambe, per garantire, come aveva promesso, la piena occupazione entro il 2018», dice il segretario della Uilm Dario Basso. Per ora infatti a Mirafiori è partita la linea del suv Maserati, il Levante, che ha fatto registrare nel primo semestre dell’anno consegne record, come ha sottolineato a Francoforte il numero uno del tridente, Reid Bigland. Eppure per trovare occupazione a tutti i 3.750 dipendenti delle Carrozzerie, sarebbe necessario un secondo modello da affiancare al primo. Ipotesi che circola ormai da più di un anno senza che le speranze diventino una realtà. Si è parlato a lungo di un grande Suv dell’Alfa Romeo ma l’impressione è che dopo i primi due modelli della nuova gamma del Biscione, l’approvazione dei seguenti sia stata rallentata, forse per una scelta degli azionisti, forse per ragioni di strategia aziendale. «Quel che preoccupa — dice il segretario della Fiom, Federico Bellono — è che nei prossimi sei mesi aumenterà il numero dei lavoratori coinvolti dalla solidarietà e aumenterà anche il numero degli esuberi teorici che quella soliadatrietà serve ad evitare». Infatti l’azienda ha comunicato ieri ai sindacati che nei prossimi sei mesi la solidarietà coinvolgerà non più 1.790 ma 2.110 dipendenti e che gli esuberi teorici passeranno da 867 a 1.245. La riduzione mensile dell’orario di lavoro salirà invece dal 48 per cento al 59 per cento.
Effetti di una prevista riduzione produttiva. Che riguarderà la Mito (dopo il piccolo boom di vendite legato al rilancio del mar- chio Alfa) e, inaspettatamente, anche il Levante. Nelle prossime settimane, è stato detto ieri ai sindacati, le vendite sono destinate a diminuire «per effetto delle nuove normative commerciali cinesi». Non si tratta di un problema contingente: se davvero, come pare, la riduzione è legata a una modifica della tassazione sulle importazioni, il problema rischia diventare strutturale. Ora l’azienda temporeggia, in attesa di capire quali decisioni prenderà sull’argomento il prossimo congresso del partito comunista cinese in programma a Pechino a ottobre. Questo perché, a differenza di Ghibli e Quattroporte, il Levante vende gran parte della produzione in Cina. E così, per un paradosso della storia, sembra proprio arrivato il momento in cui sono gli eredi di Mao a influenzare indirettamente le scelte produttive in corso Tazzoli, come sognava la sinistra radicale degli anni Settanta. «Quel che conta — dice il segretario della Fim, Claudio Chiarle — è fare chiarezza sulle produzioni future dello stabilimento prima che si esaurisca la possibilità di ricorrere ai contratti di solidarietà. Per questo abbiamo chiesto che la proroga fosse di sei mesi. Se avessimo accettato un anno di proroga infatti, avremmo rischiato di arrivare a settembre 2018 avendo esaurito gli ammorizzatori sociali. Chiediamo un incontro con Marchionne per avere una parola chiara sulle future produzioni del polo torinese».